Anche se abbiamo letto e ci siamo preparate tanto al momento della nascita, non siamo mai completamente pronti all’arrivo di un neonato e alla comprensione delle sue necessità. In particolare, per quanto conosciamo bene la fisiologia del pianto ci troviamo spaurite ed impotente davanti ad un neonato che si esprime con il pianto. Il pianto del neonato, infatti, può risultare ad un primo impatto difficile da comprendere e il non riuscirci può farci sentirci frustrate e inadeguate. Vediamo insieme, allora, come interpretare un neonato che piange.
Perché piange un neonato?
Quante volte ti sarai fatta questa domanda pensando di aver fatto qualcosa di sbagliato, di non essere in grado di comprendere il tuo bambino o ancora peggio sentendoti inadeguata o in preda al panico?
Eppure, se hai avuto l’opportunità di parlare con altre mamme ti sarai resa conto che tutte riferiscono più o meno gli stessi comportamenti.
La motivazione che è alla base di questo fatto è molto importante: il pianto del neonato salvaguarda la specie umana dall’estinzione.
Il neonato di umano nasce immaturo. Per poter crescere da solo fuori dall’utero, ha necessità vitale di accudimento.
Per assicurarselo mette in atto tutta una serie di procedure fisiologiche tra cui la dilatazione della pupilla (stile gattone in cerca di coccole), il suo caratteristico odore ed il pianto.
Il pianto è una manifestazione del tutto sana e naturale nel neonato ed ha anche funzioni importanti, basti pensare che per poterlo fare si devono attivare dei particolari meccanismi che mettono in correlazione il cervello con il sistema respiratorio motorio e vocale del neonato.
Quindi nel bambino appena nato può essere considerato un riflesso importante, anzi il suo vigore e tono fa parte dei vari punti da valutare.
Di recente, ho affrontato il tema durante una diretta con il pediatra Marco Nuara che ha specificato tra le altre cose come durante la prima visita o nelle prime ore di vita venga valutato che il pianto sia vigoroso e tonico, per distinguerlo la un pianto lamentoso e monotono, segnale di una patologia chiamata la sindrome del “cri du chat”: una sindrome genetica caratterizzata da ritardo psicomotorio, microcefalia, anomalie del volto – sella nasale ampia, epicanto, mandibola piccola – e dall’emissione di un pianto molto tipico – acuto e monotono, simile al miagolio di un gatto – durante la prima infanzia. Questo tipo di pianto è causato principalmente da anomalie strutturali della laringe e del sistema nervoso centrale.
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Il motivo principale per cui il neonato piange è, quindi, per esprimere qualcosa o reagire ad un cambiamento: non essendo dotato di parola usa l’unico meccanismo a disposizione per esprimere la sua opinione, senza considerare che per lui ogni evento è nuovo e rappresenta un cambiamento.
Il problema è che questo spesso genera nell’adulto una reazione di impotenza e paura, dovuta più che altro alla normale associazione che tendiamo a fare tra pianto e dolore. In questa situazione d’impotenza la prima reazione è di chiedere al bambino di smettere per migliorare il suo ed il nostro disagio ed è una reazione non coerente, ma assolutamente comprensibile.
Uno degli sforzi più grandi di una neo-mamma è esattamente quello di accogliere questo modo di comunicare tentando di interpretarne il significato.
Il pianto del neonato: capiamo insieme le basi
Facciamo ora qualche passo insieme per cercare di capirne le basi.
Iniziamo col considerare che il pianto è principalmente una necessità di relazione. Il suo scopo è richiamare l’attenzione di un adulto per garantirsi l’accudimento e permettere ad entrambi di conoscersi (ovvio che alla base ci sono anche altri bisogni fisiologici come fame, dolore, caldo/freddo, disagio ecc.)
Una cosa curiosa è che sembra che le lacrime che esprimono necessità di relazione siano composte chimicamente in modo differente e che siano più visibili perché più viscose, per garantire una risposta alla richiesta.
Quindi qualunque sia la necessità di un neonato che piange la prima risposta di un adulto dovrebbe essere l’accoglienza ed il contatto ed un tentativo di riconoscere i suoi bisogni.
Il neonato ha assoluta necessità di contatto e di nutrimento, quindi queste sono comunque le prime due risposte da fornirgli.
Una mamma, dopo poco tempo passato in compagnia del suo bambino, riconosce spesso al volo cosa fare per calmarlo.
Questo è stato provato anche dalla ricerca, che ci informa che i suoni ed i movimenti collegati al pianto siano differenti a seconda della necessità espressa per cui la mamma lo sa anche prima la scienza.
Il pianto di un bambino di pochi giorni o pochi mesi non può trovare come risposta la richiesta di prendere un’abitudine allo stare da solo, perché oltre a non essere la risposta che cerca, creerebbe danni a lungo termine nella costruzione della sua personalità, scarsa autostima e senso di impotenza.
Comprendo che il pianto serale, a volte ininterrotto ed interminabile, spiazza molto. La maggior parte delle volte si manifesta dalle 18 in poi e sembra non trovare consolazione alcuna anche nelle normali reazioni dei genitori dal contenimento all’allattamento.
Questo genere di pianto sembra essere tuttavia essenziale per il neonato in quanto rappresenta una modalità di scarico delle tensioni accumulate durante il giorno.
Devi sapere che per un neonato qualunque cosa richiede consumo di energia e attenzione, per lui è come essere in un paese straniero di cui non conosce usi e costumi ma neppure la lingua scritta e parlata. Il suo cervello è continuamente in moto per registrare analizzare processare copiare memorizzare, chi ha dovuto imparare una lingua straniera sa cosa intento, e questo sicuramente crea un accumulo di tensione ed energia che deve in qualche modo rilasciare all’esterno in un momento della giornata, di solito lo fa verso la fine della giornata.
A volte possono continuare a piangere ininterrottamente anche per una o due ore o più senza un apparente motivo e questo capita più spesso durante le prime settimane di vita.
Tra la sesta e l’ottava settimana di vita questo riflesso sembra intensificarsi e di solito sino a 3-4 mesi di vita può essere una vera e propria sfida per i neo-genitori.
Come rispondere al pianto del neonato?
Un consiglio è quello di imparare a riconoscere i primi segni di fame in modo da attaccarlo al seno quando è sereno e non aspettare che debba esprimersi con il pianto per essere capito.
La primissima reazione dei genitori dovrebbe comunque essere l’accoglienza, l’abbraccio la vicinanza, il contatto, questo genera quasi immediatamente un senso di calma nel bambino che spesso trova risposta al suo bisogno. Bastano pochi secondi di suono del battito del cuore di mamma e del suo odore per riportarlo alla sua normalità.
Una volta più quieto potrai offrirgli il seno, se è troppo nervoso potrebbe essere controproducente tentare di consolarlo mettendolo al seno.
Controlla sempre che non abbia bisogno di essere cambiato, che non abbia caldo o freddo e parlargli in modo calmo e pacato: tutto questo potrebbe essergli di conforto.
Un bambino che si consola con il seno o con il contatto non manifesta un sintomo di cui ci si debba preoccupare eccessivamente perché, se avesse un dolore acuto o un problema più serio, non si calmerebbe neppure in questo modo.
Sappiamo inoltre che il suo intestino che si muove, per lui è una novità inspiegabile e spesso rappresenta un problema per cui la reazione a qualunque movimento intestinale, che sia dovuto al passaggio di aria o di feci, per lui è un cambio di stato e quindi un’occasione di pianto. Senza considerare come ci ha spiegato il pediatra che comunque piangendo incamera aria e quindi è normale anche che poi quest’aria venga emessa all’esterno. Quindi una cosa produce l’altra.
In ogni caso, un massaggio dolce e tranquillizzante, nella zona della pancina o della schiena possono aiutarlo davvero tanto, ma prima di pensare alla patologia ricordiamoci di accogliere le sue esigenze e di rispondere alla sua necessità di contatto.
Nelle rarissime volte invece in cui il pianto corrisponde a patologia, sarà un pianto, di solito acuto che non si consola con nulla.
A questo punto le cause potrebbero essere molteplici come le coliche, il reflusso, la febbre o altri disturbi. Nella diretta, il pediatra ci ha spiegato il significato di reflusso e come fare a migliorare la situazione, del significato reale di stipsi da non confondere con il normale ritardo dell’emissione di feci morbide dei bambini allattati esclusivamente al seno.
Con Marco abbiamo cercato di togliere il dubbio delle mamme di dover imporre un ritmo sonno veglia ad un neonato o di cercare di dare delle abitudini nei primi mesi di vita ma ci siamo anche allargati a parlare di come invece permettere ai bambini più grandicelli di accogliere il momento del sonno senza tragedie e costrizioni.
È stata davvero un’intervista interessante e come al solito ringrazio il pediatra Marco Nuara per la sua gentilezza e disponibilità oltre che per la sua indiscussa professionalità. Se hai voglia di approfondire il tema puoi guardare la diretta sul mio canale IGTV.
Inoltre, per conoscere come prepararti al meglio all’arrivo del neonato, ti consiglio di iscriverti al mio WEBINAR GRATUITO “Le 7 regole d’oro per diventare mamma con serenità”, in cui parlo non solo di gravidanza e parto ma anche di post parto e allattamento.
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Ti abbraccio,
Viviana
Ciao sono Viviana, ostetrica con più di 20 anni di esperienza in sala parto e 25 come istruttrice di tecniche di meditazione. Sono autrice di libri e di corsi online in cui aiuto le donne a vivere una maternità consapevole con il mio metodo Pronte a Rinascere. Sono centinaia le mamme che ogni giorno seguono i miei consigli dal vivo e online. Se cerchi informazioni su gravidanza, parto, post partum, allattamento e primi mesi di vita del bambino sei nel posto giusto!