Diagnosi prenatale: quali esami fare in gravidanza

“Quali sono gli esami da fare in gravidanza per vedere se il bambino è sano?” Mi scrive una mamma e continua: “scusa la domanda ma vivo un dramma di famiglia per una rara malattia genetica e sono molto spaventata che possa succedere qualcosa di simile anche a me ora che abbiamo deciso di provare ad avere un bambino”. Approfittando della domanda vorrei approfondire l’argomento della diagnosi prenatale. Ti chiedo scusa se il tono sarà un po’ formale e a volte vi sembrerà anche abbastanza pulito senza tanti giri di parole, sai che comunque credo che il tuo atteggiamento possa influenzare lo stato di benessere in gravidanza, ma in questo caso preferisco essere precisa per darti tutte le informazioni tecniche che ti permettano di fare una scelta consapevole.

Innanzitutto è molto saggio, quando è possibile, programmare la gravidanza perché questo pone sicuramente le basi per un cambiamento verso abitudini e stile di vita più sano. 

 

Ad esempio: controllare l’alimentazione, il fumo o l’alcol nel caso in cui l’assunzione fosse moderatamente alta, cominciare a fare gli screening ematici per le patologie virali ed il complesso TORCH, ovvero quelle malattie che possono interferire con lo sviluppo del neonato in quanto l’agente patogeno è in grado di attraversare la placenta, iniziare l’assunzione di acido folico possono già essere un fattore protettivo dal pericolo di possibili rischi perinatali.

Nel caso in cui ci sia familiarità per patologie genetiche gravi, anche una consulenza specifica con un genetista può dare un quadro chiaro alla coppia che si appresta a concepire.

Diagnosi prenatale: cosa fare prima di decidere il percorso da intraprendere

Prima di decidere a quale percorso accedere le cose importanti da valutare sono: 

  1. Informarsi per tempo per raccogliere più dati possibili
  2. Aver chiaro cosa si vorrebbe sapere. Ad esempio se ti preoccupa la sindrome di Down potrai muoverti in un certo modo, se hai malattie genetiche in famiglia in un altro, se invece temi malattie come l’autismo allora è inutile pensare a test prenatali.
  3. Chiederti cosa faresti se l’esame rivelasse che il bambino ha dei problemi (o un alto rischio di avere dei problemi). La diagnosi prenatale – soprattutto l’invasiva – è in genere inutile se la coppia ha già deciso che non interromperà la gravidanza comunque e sottopone il bambino ad un possibile rischio quindi il suggerimento è…
  4. Riflettere sul rischio di aborto dei test invasivi: consideri peggiore l’ipotesi di perdere un bambino sano, facendo il test, o quella di avere un bambino malato, non facendolo?
  5. Ricordarti che i servizi sanitari a tutela della gravidanza hanno l’obbligo di fornirti un’accurata e comprensibile informazione.
  6. Parlare a fondo con il tuo partner, confrontando opinioni e sentimenti per arrivare ad una scelta condivisa.
  7. Ricordare che le indagini prenatali permettono di sospettare o individuare molte possibili condizioni del feto, ma non tutte.

Diagnosi prenatale: quali sono le tecniche offerte

QUESTO È UNO DEI CONCETTI PIÙ IMPORTANTI DA COMPRENDERE: PER QUANTO LA TECNOLOGIA AVANZATA SI AVVICINA SEMPRE PIÙ ALLA PRECISIONE, NON È COMUNQUE POSSIBILE SAPERE CON CERTEZZA CHE IL BAMBNO NASCERÀ ASSOLUTAMENTE SANO

Prima di tutto dobbiamo fare una distinzione sostanziale tra screening e diagnosi.

Lo screening è un esame che viene fatto su una popolazione ampia ed ha lo scopo di valutare la probabilità che una patologia possa verificarsi, ha lo scopo quindi di intercettare possibili alterazioni ed indirizzare verso un approfondimento diagnostico. Nel caso degli screening neonatali si tratta di diagnosi non invasiva. Si accede quindi al test combinato tra la tra la decima e la quattordicesima settimana ora dovrebbe essere offerto senza l’onere del pagamento. 

La diagnosi prenatale invece, analizza estratti di DNA fetale o sangue, è invasiva – villocentesi o amniocentesi – e dà una risposta certa sulle alterazioni genetiche che vengono esaminate.

A seconda delle modalità con cui si accede, può essere a pagamento o gratuita.

Ma cosa dicono le linee guida?

Innanzitutto, ogni coppia ha diritto a una precoce consulenza con i professionisti, già nella prima visita, durante la quale vengono spiegate bene le possibili alternative e le motivazioni per cui accedervi. Quindi la coppia consapevolmente può decidere di rifiutare le diagnosi invasive dopo averne compreso i rischi ed i benefici sottoscrivendo la scelta. Alla popolazione viene offerto uno screening – test combinato – ovvero un’ecografia per valutare la plica nucale e un esame del sangue per valutare la concentrazione di determinate proteine. L’analisi dei risultati combinata evidenzia una probabilità di rischio per alterazioni dei geni 13, 18 e 21 (Sindromi di Patau, Edwards e Down) e per alcune alterazioni cardiache. Un’alternativa al test combinato potrebbe essere il test del DNA sul sangue materno anche questo esame analizza il rischio e alla luce degli ultimi studi sembrerebbe consigliabile in aggiunta, in alcune regioni anche in alternativa. Nel caso in cui si dovesse evidenziare un rischio alto si consiglia di proseguire con la diagnostica invasiva: villocentesi o amniocentesi (da eseguire tra la 11 e la 16 settimana) che ha una percentuale di rischio sulla gravidanza dell’1-2%.

Diagnosi prenatale invasiva: quando è indicato accedervi

Ecco i parametri che ci dicono quando è indicato accedere alla diagnosi prenatale invasiva:

  • età materna avanzata (>35 anni) 
  • precedente figlio affetto da anomalia cromosomica 
  • genitore portatore di riarrangiamento strutturale dei cromosomi (es. traslocazioni bilanciate) 
  • familiarità per malattie genetiche (a gene o localizzazione genica noti) 
  • diagnosi di sesso per malattia genetica legata al cromosoma X 
  • familiarità per malattie congenite del metabolismo 
  • anomalie strutturali del feto all’esame ecografico di routine 
  • test di screening per sindrome di Down positivo

Come viene eseguito questo tipo di esami?

Sotto la guida ecografica, viene prelevato un piccolissimo campione di liquido amniotico nel caso dell’amniocentesi e di villi coriali (un pezzettino della placenta) nel caso di villocentesi. L’esame viene fatto in sterilità, richiede qualche giorno di riposo e a volte (a seconda dei protocolli) prevede l’assunzione post- indagine di antibiotico. Il materiale raccolto viene esaminato e fornisce un risultato nel giro di pochi giorni, evidenziando patologie cromosomiche riguardanti i geni 13, 18 e 21.

Come avrai capito dunque non esiste una risposta che vada bene per tutti, ma soprattutto nessuno è in grado di fornirvi assolute certezze nel caso in cui anche gli esami risultassero negativi di possibili altre patologie. Ovvio che se si legge alla lettera queste parole, nessuno avrebbe più il coraggio di programmare una gravidanza, ma come al solito ti invito a leggere tra le righe. Documentati, acquisisci informazioni e consapevolezza, affronta un percorso di crescita e confidenza nella coppia che ti permetta di fare scelte condivise e, una volta deciso, prosegui per la tua strada senza ripensamenti, ma sempre pronta a cambiare direzione o tornare sui propri passi nel caso provassi troppo disagio. Una volta che questo complesso periodo della gravidanza è terminato, impara a fidarti di te stessa e delle capacità del tuo bimbo e cerca di vivere la gravidanza con serenità ed attenzione.

E per te come è stato il periodo della scelta sulla diagnosi prenatale? Che difficoltà hai incontrato? Hai ricevuto l’informazione che ti serviva? 

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